E’ stato un viaggio alla scoperta della montagna, di come la vive chi ci vive e chi ci lavora, la cooperativa sociale CADORE appunto.
Ho accompagnato Stefan Ruf il regista dei video racconti di Teresa la Viaggiatrice Le Mat dal 10 al 19 luglio in un bellissimo viaggio – lavoro.
Abbiamo dormito bene – sotto caldi piumini che lì fanno piacere anche quando nel resto d’Italia si muore di caldo – negli appartamenti che la cooperativa gestisce a Perarolo di Cadore nell’antico Palazzo Lazzaris dove la Regina Margherita trascorreva le vacanze….e ci abbiamo lavorato, discusso, cucinato e mangiato….un luogo davvero da consigliare.
Perarolo è un piccolo paese alle porte del CADORE che una volta, ai tempi dei ricchi commercianti Lazzaris era ricca e molto laboriosa, il porto sul fiume Piave…ne testimonia il piccolo e ottimo museo proprio dietro al Palazzo Lazzaris – Il Museo del Cìdolo e del Legname.
A Perarolo si arriva in circa 2 ore dalla Pianura padana (da Padova e da Mestre) con un piccolo treno che costa poco e che si ferma alla Stazione di Perarolo. Da qui a piedi in 15 minuti si arriva al centro del paese, al Palazzo Lazzaris appunto. Ma anche con la macchina la strada è semplice.
Teresa, la viaggiatrice Le Mat veniva dalla Germania…sulla Via Alemagna….…un viaggio bellissimo.
Ci siamo incontrati a casa di Luca,
il responsabile dei servizi turistici della cooperativa che abita a Tai di Cadore, una frazione di Pieve di Cadore
Ovviamente sapevate che Tiziano Vecellio è nato a Pieve di Cadore ma sapevate che anche Don Luigi Ciotti è nato qui?
Luca ci ha seguiti passo per passo in questo bellissimo viaggio studio e così abbiamo potuto scoprire un CADORE interessantissimo, storie, persone, modi di vivere, di pensare, di fare….
“Dopo opportuno e lungo apprendistato, bisognerebbe saper operare alla maniera dei protagonisti dell’arte del novecento, che si sono allontanati dalla tradizione sino a ripudiarla proprio perché l’avevano assimilata a fondo e conoscevano le regole da violare o integrare” (R. Bodei).
“Comprendere l’interazione tra economia e montagna in tutte le sue forme, passate, presenti e future ci obbliga a questo tipo di approccio. L’economia di sussistenza di tipo rurale dell’ 800 interagiva con la montagna Veneta e i suoi abitanti in modo molto diverso dalla relazione con il territorio e le persone, prodotta dalla presenza delle grandi aziende (Safilo, Lozza, Fedon, Gatto, Marcolin) di occhiali ed astucci della seconda metà del secolo scorso. L’ originale esperienza della nascita in questa parte della montagna dell’ economia di distretto che ci ha accompagnato fino a tutto il primo lustro di questo nuovo millennio ha generato culture, identità, modi di creazione del valore e redistribuzione della ricchezza che oggi sono stati scardinati. È faticoso, per chi ha vissuto queste geografie, il lavoro di lettura e comprensione del nuovo panorama socio-economico.
Ancora più difficile è immaginare e cominciare a costruire un nuovo futuro possibile, per le persone ed il territorio di questa parte della montagna nella nuova dimensione glocale. È con questo presupposto, che rifiuta paradigmi precostituiti, rassegnate nostalgie e colpevoli rinunce, che mi avvio ad alcune riflessioni sul futuro della montagna Veneta con l’occhio di chi, in questo territorio unico e meraviglioso, continua nonostante le incognite della modernità a vedere un futuro per se ed un possibile esempio per tutti gli altri. La montagna può essere (e non è scontato) un laboratorio per sperimentare la costruzione di esperienze originali nella creazione di valore sia economico sia sociale, implementando forme originali di bene-essere che sappiano andare oltre le tradizionali esperienze, già analizzate dallacritica al concetto dello sviluppo locale (poli industriali, sviluppo locale endogeno, aree distrettuali) e nel contempo avviare pratiche di cittadinanza che riescano ad innovare un welfare statale che, in tutti i suoi modelli (conservatore, liberale, socialdemocratico), presenta limiti di efficacia e sostenibilità che appaiono insormontabili.
Lo Stato nazione e i processi di accumulazione innescati dal capitale e dal mercato, hanno originato quei modelli di welfare, oggi quella capacità creativa deve essere interpretata da altri attori, con altre dinamiche, i welfare state che abbiamo conosciuto sono giunti a maturità e oggi proprio a causa delle trasformazioni economiche e sociali, abbiamo bisogno di un nuovo welfare che allarghi in quantità, qualità, efficacia e sostenibilità il suo raggio di azione. L’uguaglianza non può reggersi solo su azioni di tipo quantitativo e redistributivo, anche l’uguaglianza ha bisogno di “senso”, di pratiche che sappianoautoprodurre spazi nuovi di giustizia sociale.
Nuovi diritti fondamentali devono essere resi praticabili, siano essi l’accesso a internet e alla conoscenza, o l’acceso all’ acqua e alla bio-diversita…” Così Claudio Agnoli, il Presidente della cooperativa sociale CADORE introduce un suo bellissimo articolo che davvero vale la pena di leggere
“Il senso del limite è sempre stato l’elemento distintivo del montanaro, il limite dello spazio, delle stagioni, della altitudine, il limite delle risorse disponibili….”
Nei 10 giorni che ho trascorso nel Cadore ho potuto scoprire con l’aiuto della cooperativa sociale IL CADORE un po’ di queste cose, seguendo loro nei numerosi lavori di manutenzione del paesaggio, salendo e scendendo da 500 e oltre 2.000 metri di altitudine…come cambiano le cose, le percezioni.
I loro racconti sono vivi e molto attuali…fino a pochi anni in molti avevano pensato che la fortunata industria degli occhiali (il museo di Pieve di Cadore è davvero ricchissimo e bellissimo) avrebbe portato ricchezza e lavoro per sempre, una alternativa definitiva all’emigrazione….
Quell’emigrazione che ha reso tanto celebre il CADORE, almeno nell’Europa del Nord…la VALLE DEI GELATIERI!!!! Anche la famiglia di Luca aveva una Gelateria…eine Eisdiele…a Berlino, Neukoelln …
Come il gelato sia arrivato in Cadore, con precisione, non si sa.
I primi gelatieri furono proprio i Cadorini, forse per l’abbondanza di ottime materie prime come il latte, la panna, le uova, i frutti di bosco, ma anche di neve e ghiaccio naturali, e di luoghi naturalmente refrigerati anche d’estate come grotte ed acqua di torrente. Il gelato veniva preparato in apposite tinozze, congelato con ghiaccio e sale, infine travasato in tini di legno che venivano isolati con dei sacchi che lo mantenevano solido fino a sera.
I Cadorini si lanciarono sul mercato sin dalla metà del secolo scorso, raggiungendo coi caratteristici carretti nelle principali città della Germania e della zona d’influenza Austro-ungarica. Da un documento storico datato 24 aprile 1899, tale Valentino Traiber fu Giobatta, chiese ed ottenne dal sindaco di Zoldo un certificato di buona condotta, di fama e di carattere per poter vendere il suo gelato all’estero. I gelatai bellunesi pensarono allora di affittare dei piccoli negozi; li arredarono con panche, li illuminarono con una lanterna e presero vita le prime gelaterie artigiane….”
“Un filo corre lungo 130 anni di storia del Veneto e della sua montagna, “ dice Claudio Agnoli “quali Valori, quali modelli organizzativi occorrerà trovare e riconoscere, per individuare le nuove strade che ci permetteranno di essere all’ altezza delle sfide glocali?”
Angelo Talamini (e Giovanni Talamini e i figli e le mogli) che fa il formaggio a Vodo di Cadore
che per molti anni ha fatto il tecnico nell’industria degli occhiali racconta che, la prima difficoltà da lui incontrata per la costruzione della stalla era la mancanza di un area agricola nel piano regolatore, “gli amministratori programmano il territorio pensando al passato, alle aree industriali o alla costruzione di condomini. Occorre invece pensare al valore immateriale di un prato pascolato dai bovini, di un formaggio locale, di un bosco curato, di un agricoltura che non è più attività “primaria” o peggio ancora “agroindustria” ma è segmento di una rete di creazione di valore attraverso “lavoro antico e produzione di senso immateriale” che unisce il produttore al consumatore,….”
La cooperativa sociale CADORE è dappertutto, insieme si cerca davvero di costruire qualcosa di diverso, non solo lavoro e reddito ….”La diffusione di pratiche di democrazia diretta, anche minimali praticate dall’ individuo, sono propedeutiche alla assunzione di responsabilità e di decisioni consapevoli da parte delle istituzioni….”
E così i lavoratori della CADORE non sono solo lavoratori ma soci di un progetto che ogni giorno va condiviso nuovamente…faticoso, molto…
Così come è faticoso vivere in Cadore, vivere in montagna, fare il formaggio come i Talamini di Vodo in Cadore e venderlo…è faticoso salire al Rifugio Romiti ex l’Eremo dei Romiti , ed è faticoso vivere di questo lavoro di ospitalità, è fatica scendere a Valle per frequentare le scuole superiori o l’Università…è fatica aprire e tenere aperto un ristorante vegetariano a Pieve di Cadore come il buonissimo MANGIA LA FOGLIA …
Ho visto tanti musei davvero bellissimi, realizzati da Iolanda Da Deppo, una donna straordinaria. Sono musei dove si imparano tantissime cose e non ci si annoia mai ma è difficile tenere aperti i musei tutto l’anno…eppure il Cadore non è un luogo per 1 settimana di vacanze in agosto o per praticare d’inverno “gli sport della montagna”…è molto, molto di più e l’ospitalità dei Cadorini rende bella e interessante anche una giornata grigia e di pioggia in cui le cime delle montagne ci sono ma non si vedono…
I cadorini raccontano volentieri le loro tante storie,sbirciando nelle case troviamo affreschi e quadri del CHE. E poi ci sono le “Regole”, una storia tutta da capire, molto diversa dal Maso Chiuso del Tirolo. Furono istituite nel Medioevo quali comunioni familiari , sono organizzazioni sociali dotate di personalità giuridica privata e sono state una importante esperienza di “cooperazione” nel territorio. I beni in proprietà collettiva hanno rivestito una notevole importanza per la sopravvivenza delle popolazioni soprattutto nelle zone di montagna. Ancora oggi molte parti di territorio, soprattutto boschivo, sono di proprietà regoliera, cioè appartenenti agli eredi degli antichi abitatori costituiti in “regole”, enti giuridici di diritto privato con propri Statuti derivanti dagli antichi Laudi. Tali proprietà collettive, acquisite per allodio, sono indivisibili, inalienabili ed inusucapibili e sono destinate soprattutto ad attività agro-silvo-pastorali. E l’”allodialità” (piena proprietà del bene) è il fondamento che distingue e differenzia i beni regolieri dai beni pubblici di uso civico (diritti d’uso dei beni che secondo il vecchio principio erano attribuiti alle comunità unicamente per concessione del Sovrano). Se volete approfondire….
Si, e poi c’è la Magnifica Comunità di Cadore…leggete qui …abbiamo conosciuto alcuni regolieri…..Iolanda, con il suo grande senso critico ci fa notare che le donne non ci sono quasi mai!
E racconta ancora Claudio…“Leggevo sulla rivista delle regole d’Ampezzo (n. 1del 2010) la notizia del Nobel per l’Economia alla Olson per la sua ricerca sul governo dei beni collettivi con uno studio sui bacini dell’acqua in California. Mi è automaticamente venuto alla mente una nota di Norberto Bobbio scritta nel 1994 in cui l’autore (ma non solo lui) rifletteva sulla poca attenzione che è stata posta al valore della fraternità mentre per oltre due secoli si sono spese riflessioni e scontri immani tra il valore della liberta e il valore dell’ uguaglianza, tra il primato del mercato e del liberalismo e il ruolo dello stato in economia come garanzia di eguaglianza. Quella considerazione che nel 1994 mi sembrava molto nebulosa assume oggi una concretezza molto più nitida. Il valore della fraternità nei processi di accumulazione non mi era proprio chiaro; oggi al contrario, assume una nuova centralità nei processi di costruzione del “Valore Territoriale!” La razionalità intrisa del valore della libertà che ha mosso le logiche dell’ impresa privata, o la razionalità intrisa dal valore dell’ uguaglianza che ha mosso la costruzione della presenza dello Stato in economia o nel Welfare non sono sufficienti per sostenere la creazione di valore in un territorio e in una economia globale in cui l’immateriale sopravanza il materiale….”
Si, è proprio stato un viaggio di studio, immersa e partecipe in un lavoro di costruzione di comunità, di paesaggio….sono tanti quelli della CADORE e sono davvero simpatici, hanno un sacco di progetti per il futuro:
“I territori montani devono trovare la loro strada nella “economia mondo”. Avere la forza di passare da una competizione sui costi dei prodotti che ci vede perdenti a una competizione sul valore dei prodotti: valore inteso come originalità, sapere, tecnologia, conoscenza, esclusività, sostenibilità, socialità, intelligenza personale, intelligenza collettiva. Il territorio delle Dolomiti è certamente un grande valore in se, cercare di inventare occasioni di lavoro guardando ad esso è uno dei compiti della Cooperazione. Questo è l’impegno della Società Cooperativa Sociale Cadore.
Nel secolo scorso prevaleva una economia di tipo rurale, con una scarsa se non insignificante presenza di attivita occupazionali, oltre il 25% della popolazione era composta da emigranti. La necessità di una cooperativa di consumo stava in questo spaccato economico sociale da economia di sussistenza. Dal bisogno di avere credito per gli alimenti da rimborsare poi con le rimesse degli emigranti o con la nascita del vitello o quando andava male vendendo (chi poteva) un terreno….
Solo la gestione in comune in passato poteva garantire la conservazione delle risorse. Nel 2008 il quadro socioeconomico a causa delle grandi trasformazioni economiche intervenute in questi anni e alla conseguente perdita di competitività di molte imprese del nostro territorio richiede una interpretazione nuova delle ragioni che stanno alla base della logica cooperativa.
La cooperativa Cadore nata il 17 gennaio 2008 si è fusa con l’originaria cooperativa di consumo ed è una cooperativa sociale con al centro la missione dell’INSERIMENTO LAVORATIVO.”
Quando sono ripartita dalla stazione di Perarolo Luca mi ha regalato un libro: I BRUSAZ di Giovanna Zangrandi.Nel mio lento rientro in un altro mondo l’ho letto, è davvero bellissimo ed è bellissima la protagonista Sabina…
Grazie Luca, grazie Claudio, grazie a voi della Cadore che siete soci di Le Mat e grazie ai Cadorini che mi hanno accolta per un po’ in un altro pezzo d’Italia che ha un sacco di cose da raccontare….
E come direbbe Teresa, la Viaggiatrice Le Mat, grazie a Le Mat….aspettiamo il suo video racconto che svelerà altre storie e punti di vista…
A presto Cadore …
“Dalla piazza di Perarolo di Cadore ad una altitudine di m. 530 è possibile osservare la cima del monte Antelao a m. 3263. La montagna è un contesto ecologico unico, la biodiversità si espande in verticale per 3000 metri e crea un ambiente fisico e culturale non da tutti compreso. La montagna può essere un laboratorio anche per la sua capacità di produrre valore, ricchezza, reddito e benessere in modi e forme che ancora non si sono appieno dispiegate senza intaccarne, come nel recente passato è avvenuto, il capitale. Questi territori possono rappresentare l’esempio di buone pratiche di tipo economico e finanziario. Fondamentale sarà la capacita di collegare il sapere cognitivo con l’ originalità ambientale e la creazione di un nuovo capitale sociale che ricostituisca una identità incerta.”